venerdì 11 gennaio 2013

La preparazione e il ringraziamento alla S. Messa



Sul sito della Congregazione per il Clero, P. Serafino M. Lanzetta, FI ha pubblicato un articolo sulla preparazione e il ringraziamento del sacerdote celebrante alla S. Messa. Sono i due momenti chiave della vita del sacerdote e dell'intera sua esistenza. Prepararsi a salire all'altare di Dio e ringraziare il Padre per il dono del Figlio, prolungando così il mistero della S. Messa, adorazione e ringraziamento, nella propria anima sacerdotale, nella propria vita sacerdotale: questo è veramente tutto.







Preparazione e ringraziamento alla S. Messa da parte del 
Sacerdote celebrante


Nella vita del sacerdote la S. Messa quotidiana segna l’apice della sua giornata e del suo essere consacrato in Cristo per la Chiesa. L’intera esistenza sacerdotale dovrebbe essere scandita da due momenti solenni: la preparazione e il ringraziamento alla S. Messa. Quel prezioso suggerimento che S. Pier Giuliano Eymard dava a tutti i cristiani, di dividere la giornata in due parti: la prima parte per prepararsi all’Eucaristia e la seconda per ringraziare il Signore del suo grande dono, potrebbe diventare anche una regola spirituale del presbitero. Si tratta di vivere in vista della celebrazione eucaristica e nel rendimento di grazie al Padre per aver celebrato i misteri della nostra salvezza. Così la S. Messa segna quotidianamente il ritmo della vita sacerdotale, degli impegni pastorali, offrendo una misura altissima al ministero sacro: la ricerca, sopra ogni cosa, della santità della vita.
Anzitutto prepararsi con la preghiera alla celebrazione della S. Messa. Le stesse preghiere recitate durante la liturgia offrono notevoli e preziosi spunti di meditazione per entrare nel mistero che si sta per compiere sull’altare. Al momento della presentazione delle offerte, che saranno trasformate, dalla potenza di Dio, nel Corpo e Sangue del Figlio, prima di recitare la preghiera sul calice, il sacerdote aggiunge poche gocce d’acqua al vino e prega rivolto a Dio, creatore e redentore dell’umana natura: «Per huius acquae et vini mysterium, eius divinitatis esse consortes, qui humanitatis nostrae fieri dignatus est particeps». Il sacerdote prega perché, per il mistero dell’acqua, aggiunta simbolicamente al vino, possano essere partecipi della natura divina di colui che si è degnato di assumere la nostra natura umana. L’acqua significa la nostra umanità, assunta da Cristo nell’incarnazione, dal seno purissimo della Vergine Maria, mentre il vino è segno della natura divina del Figlio, consustanziale al Padre e allo Spirito Santo. Nella S. Messa, al momento offertoriale, il sacerdote, e per mezzo di lui tutto il popolo di Dio presente all’actio liturgica, prega di poter divenire consorte della natura divina di Cristo e così essere introdotto dal Figlio nel seno di Dio. Richiamando l’insegnamento della 2Pt 1,4: «divinae consortes naturae», il ministro supplica il Signore di poter partecipare al mistero dell’Incarnazione del Verbo, che ora nel suo sacrificio, ripresentato nel pane, che diventa Corpo, e nel vino, che diventa Sangue, si comunica agli uomini, rinnovando profondamente l’intera creazione e la loro stessa vita. Possiamo essere partecipi, nella nostra povera umanità, della sua divinità. Nella S. Messa si accede a questo divino consorzio: ciò che è fragile e umano viene assunto dal Verbo e trasformato in ciò che è perenne; in una parola, diventiamo partecipi dell’eternità, comunicando al mistero del Figlio di Dio. La vita del sacerdote diventa come quell’acqua infusa nel vino: è riofferta a Cristo, perché la assume nell’atto in cui si offre al Padre, per la santificazione del mondo...


p. Serafino M. Lanzetta, FI


martedì 8 gennaio 2013

Le ragioni della fede



Catechesi di P. Serafino M. Lanzetta per l'Anno della Fede 

Prima puntata




Ci vuole più fede per essere atei che per credere in Dio

domenica 6 gennaio 2013

Sui passi e con la libertà interiore dei Santi Magi



Ascolta l'omelia di P. Serafino M. Lanzetta, nella Solennità dell'Epifania.


Il significato della liturgia odierna è ben sintetizzato dalle parole di S. Paolo agli Efesini (3,6): «...le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo». Il Cristianesimo, Gesù Cristo, è per tutti i popoli, per ogni uomo di buona volontà. Nella Solennità dell’Epifania, la manifestazione di Gesù Salvatore alle genti, il Cristianesimo inaugura la sua universalità che sarà poi ratificata a Pentecoste. Con i Magi inizia quella processione dei secoli e della storia verso la Verità, verso il Dio vero che è il Senso di tutto, la risposta ad ogni perché della vita. Con i Magi s’infiamma quel grande desiderio di uscire da se stessi, di lasciare ogni opportunità, ogni sicurezza personale, quell’essere disposti a mettere da parte le proprie idee religiose, il proprio bagaglio umano e culturale per fare posto unicamente alla verità. Con loro s’inaugura il cammino di ogni uomo verso la pienezza, verso Gesù Bambino, riconosciuto come Dio fattosi uomo. Dio non abita nei suoi cieli infiniti, lì distante dagli uomini: Dio si è fatto carne, abita con noi. È necessario incontrarlo. I Magi provenivano da un’antica tradizione religiosa. Probabilmente aveva abbracciato la religione di Zoroastro. Ma non erano soddisfatti: volevano conoscere Dio, il vero Dio. Lo hanno veduto con la Madre, si sono prostrati e lo hanno adorato.