sabato 12 dicembre 2009

Due santi sacerdoti del nostro tempo: S. Massimiliano M. Kolbe e S. Pio da Pietrelcina


P. Stefano Maria Manelli, fondatore e ministro generale dei Frati Francescani dell’Immacolata, a conclusione del convegno presenta due sacerdoti esemplari e a lui cari.

L’ermeneutica della continuità contro quella della rottura è una problematica di scottante attualità. Dal S. Curato d’Ars a p. Kolbe e P. Pio da Pietrelcina c’è una grandezza sacerdotale che si trova nei due sacerdoti francescani contemporanei.

Dal libro autobiografico di “Dono e Mistero” di Giovanni Paolo II si comprende che il sacerdozio è uno scambio tra Dio e l’uomo. Cristo che si impersona nell’uomo, l’uomo che impersona Cristo. Il sacerdote dev’essere un altro Cristo. Tutta la configurazione precisa e mistica del sacerdote nella S. Messa rinnova lo stesso sacrificio di Cristo sulla Croce. Sacrum Commercium teandrico nella vita del sacerdote santo. “In persona Christi” impegna alla conformità a Cristo. Conformità di vita in pensieri ed opere. “Rivestirsi di Cristo” all’esempio di S. Paolo. Dispensatore della grazia di Cristo. Fedele nel ministero perché non venga vituperato Dio. Conformità di amore a Gesù e Gesù Crocifisso. Non gloriarsi che della croce di Cristo. Ricordarsi della presenza immancabile di Maria al Calvario. Carta d’identità del sacerdote. Benedetto XVI visitando S. Giovanni rotondo nell’estate 2009 affidò l’anno sacerdotale a S. Pio da Pietrelcina. Nel 1971 durante il Sinodo dei vescovi Paolo VI beatificò p. Kolbe per presentare un modello di vita sacerdotale. L’allora card. Wojtyla parlò dell’identità sacerdotale che rifulse nel p. Kolbe . Il sacerdote è tale grazie al sacrificio, come diceva S. Agostino. S. Massimiliano desiderava morire martire e applicava quest’intenzione ad ogni S. Messa. Al termine ultimo di tutto P. Kobe capiva che bisognava collocare la suprema gloria di Dio con la santità personale e la salvezza delle anime. Non si può dare gloria a Dio senza santificarsi e non ci si può santificare senza salvare gli altri. Nell’imitazione di Cristo c’è tutta la santificazione del sacerdote. S. Massimiliano invitava a volgere lo sguardo verso Gesù che si dona all’Immacolata senza alcuna riserva. Diventa suo figlio, vuole da Lei lasciarsi guidare. Ogni giorno si può diventare sempre più proprietà dell’Immacolata. Nel grembo di Maria l’anima deve nascere nella forma di Gesù Cristo. Nel grembo di Maria l’anima sacerdote si cristifica e si lascia rivestire dalla sacerdotalità di Cristo Redentore. Il santuario dell’ordinazione sacerdotale di Cristo è il grembo di Maria. Con la consacrazione all’Immacolata il sacerdote fa sua questa realtà. P. Kolbe voleva celebrare anche quando era ammalato e sveniva sull’altare. Famose anche le frequenti comunioni spirituali quotidiane. Ogni giorno p. Kolbe cercava di praticare l’adorazione eucaristica che stabilì permanente nella sua Niepokalanow. S. Massimiliano si firmava “il folle dell’Immacolata”. Deriva dalla tradizione familiare di grande pietà mariana tipica dei polacchi. Il francescanesimo è segnato dall’origine mariana. Maria per essere madre di Gesù salvatore è Corredentrice; come Sposa dello Spirito Santo distribuisce tutte le grazie. Negli anni 50, poi col card. Mercier si portava avanti il dogma della Mediazione che fu preceduto da quello dell’Assunzione. L’ermeneutica della continuità non fa che arricchire. Il minimismo invece impoverisce. Con la forza della preghiera e della vita mariana, S. Massimiliano si aprì all’universalità della missione. Universalismo sacerdotale missionario audace malgrado la sua non lunga esistenza sacerdotale. Dai suoi scritti e progetti risalta il molteplice universalismo centrato sulla massima gloria di Dio. Universalismo missionario e mediatico. Non escludeva nulla. Era lo stesso universalismo della redenzione di Cristo e della corredenzione mariana. Per i Francescani dell’Immacolata c’è il particolare universalismo legato al voto mariano. Voto essenzialmente missionario. I superiori di S. Massimiliano non lo accettarono pubblicamente ma S. Massimiliano lo profetizzò, Il voto venne approvato e confermato dalla Santa Sede non come quarto voto, ma primo voto per i Francescani dell’Immacolata. E’ un universalismo sia in verticale che in orizzontale. La vetta più alta è la transustanziazione nell’Immacolata. In orizzontale il voto mariano fa unità con la volontà salvifica missionaria dell’immacolata. “Ogni cuore che batte sulla terra deve essere preda dell’Immacolata” diceva S. Massimiliano. L’Immacolata Mediatrice di tutte le grazie le elargisce a chi si avvicina a Lei. La strategia di S. Massimiliano era quella di introdurre l’Immacolata nel cuore dell’uomo. Ad Auschwitz nel momento estremo della sua vita, S. Massimiliano si presentò come “sacerdote cattolico”. Nell’evento della sua morte si vede come dopo aver ricevuto la “corona bianca” della vita religiosa, salita la “scala bianca” della marianizzazione, fu coronato dalla grazia più grande: la “corona rossa” del martirio.

S. Pio da Pietrelcina ricevette una missione particolare da Dio proprio per i sacerdoti. In una discussione sulla missione dei santi, P. Pio stesso rivelò che la sua missione erano i sacerdoti. La centralità della sua vita fu l’offerta sacrificale. La sua santità si basò sull’amore all’Eucarestia, alla Croce, alla Madonna, al Papa, all’Angelo Custode, alle anime. I suoi carismi così vari difficilmente si incontrano nella vita dei santi. P. Pio ci porta sui crinali più alti dell’esperienza mistica. La stigmatizzazione cruenta del 1918 lo rese rappresentante della stimmatizzazione di Cristo. Fece sue le parole di S. Paolo “Per me non c’è altro vanto che Gesù crocifisso”.

E’ impressionante pensare a questa somiglianza impressionante con Cristo: cristiforme e “cruciforme”. Venne battezzato nella Chiesa dedicata allora a S. Maria degli Angeli (oggi chiesa S. Anna). Si rammaricava di essere stato battezzato dopo “dodici ore” dalla nascita e non subito.

La devozione alla Madonna traspare in tutta la sua vita. La figura di P. Pio, certo, data la sua straordinarietà ci potrebbe apparire inimitabile. L’esercizio delle virtù praticate quotidianamente, invece, più che i carismi, fecero la sua santità imitabile da ogni religioso o sacerdote. Celebrava umilmente, confessava instancabilmente, pregava molto.

Come religioso visse fedelmente l’ideale di cappuccino, così come fedelmente visse il sacerdozio. L’altare e il confessionale furono i poli della sua vita. La Messa fu per lui la fonte e il culmine di tutta la sua opera.

Oggi alla scuola del Santo Curato d’Ars, ripresa dai due santi sacerdoti francescani, è necessario per tutti i sacerdoti un rinnovamento interiore che miri a quella santità che scaturisce dall'imitazione di Cristo, sommo sacerdote.

pamab



Il “sacerdozio” della Beata Vergine


P. Serafino Lanzetta, presenta lo studio del sacerdozio di Maria nell’alveo della mariologia. Maria partecipa al sacerdozio di Cristo.

Sintesi: Solo il sacerdote ha la missione e il potere di immolare la vittima. Sul Calvario Maria ha offerto il sacrificio senza altro intermediario che Cristo Gesù sulla Croce. Maria è membro della Chiesa eminente e singolare (LG 53-54). E’ Madre della Chiesa in ragione del Corpo. Da Maria membro si passa a Maria tipo della Chiesa in ragione della sua maternità verginale e con-sacrificale. La Chiesa non si risolve in Lei, ma Lei precede i fedeli. La sua immacolatezza è prima della liberazione del poolo dal peccato perché la sua redenzione è unica. Maria è fatta da Cristo in primis e in modo assoluto e fa Cristo uomo col suo fiat dell’Annunciazione ratificato sul Calvario. Maria collabora alla redenzione della Chiesa in quanto popolo redento. E’ fondamentale il ruolo di Maria nella redenzione. Senza la sua cooperazione in actu primo non ci sarebbe la cooperazione umana in actu secundo. In Cristo e nella Chiesa si legge il dato del “sacerdozio” di Maria. Maria è l’archetipo che la Chiesa imita . Maria segue Cristo, ma precede la Chiesa. Il sacerdozio di Cristo è mediazione sacrificale di Colui che offre se stesso. Sacerdote in quanto mediatore tra Dio e gli uomini. Il sacerdozio della Chiesa. Comune e sacerdotale. Ci sono partecipazioni ontologicamente diverse all’unica fonte sacerdotale che è Cristo. Lumen Gentium dichiara il concurrunt dei fedeli al sacerdozio di Cristo in riferimento alla Mediator Dei di Pio XII si capisce cos’è il sacerdozio comune dei fedeli. Pio XII chiarisce che il sacerdote va all’altare come ministro di Cristo. Il popolo di Dio raggiunge il sacrificio di Cristo non nel senso che compie il rito liturgico, ma unisce i suoi voti di lode, espiazione e ringraziamento a quelli del sacerdote. Il fedele di Cristo raggiunge l’oblazione di Cristo nella misura in cui offre se stesso. Questa dottrina distingue il sacerdozio interiore dei fedeli e quello esteriore del solo sacerdote. Nel sacerdozio di Maria, sicuramente non ministeriale, si considera la sua unicità corredentiva. Il sacerdozio di Maria attinge a quello di Cristo nel farsi della redenzione. Maria iscrive la sua missione in quella redentiva dell’Agnello. L’apice del sacerdozio di Maria è la sua offerta sacrificale. Di Gesù in quanto madre e di sé in quanto pura e immacolata. Un sacrificio tipico a favore della Chiesa. Exemplum (esemplarità causale), tanto di quello ministeriale che comune. Il sacerdozio di Maria è superiore a quello ministeriale e comune. Al primo poiché l’offerta di Maria al Calvario quantunque non ministeriale è più grande di quella del presbitero. Al Calvario tutta la Chiesa è in Maria. Lei non fa al Calvario quello che fa il prete alla Messa, ma è l’Ancilla Domini, coopera all’offerta del sacrificio. Posta nell’atto primo della redenzione è superiore cronologicamente ed ontologicamente a quello della Chiesa. Posta in un piano diverso e più alto. Precede l’offerta del sacerdote dandogli un modello di offerta. Cristo è l’attore principale. Maria è coattrice cooperante a questo sacrificio. Il principio materno precede e genera quello petrino. La presenza unica di Maria al Calvario ci fa distinguere due attori: il presbitero e il fedele. Il presbitero non rappresenta Maria ma nemmeno la ignora. Cristo figlio di Dio e di Maria. Anche il presbitero presuppone Maria in un piano presacramentale. La questione teologica è il sacrificio di Maria. Scheeben ha parlato di funzione “diaconale” di Maria. Maria Sposa di Cristo, Madre, non quale capo. Il teologo tedesco aveva anche evidenziato la problematicità del titolo di Maria "sacerdotessa". Il sacerdote è Cristo e offre il sacrificio in quanto capo della Chiesa. Maria è la Chiesa sposa, popolo che si unisce al capo per mezzo del sacerdote. Ora Maria è solo sposa come i fedeli o ha una relazione con Cristo differente proprio in virtù della sua cooperazione sacerdotale? Il concetto di sacerdozio dopo Cristo si realizza pienamente in Maria. Dopo Maria nei sacerdoti e nei fedeli. Sacrificio Incarnazione e sacerdozio vanno insieme e Maria è al centro, dice Benedetto XVI. Cristo per mezzo della sua offerta fu reso perfetto. La dimensione esterna del sacrificio è trasformata da questo contenuto interiore. “Cristo offri sé stesso”. In Lumen Gentium 58 si evoca Maria ai piedi della Croce. Il Magistero sull’offerta sacrificale di Maria da Leone XIII a Benedetto XVI. “Se la B. V. Maria assistette Gesù ala morte, ciò non avvenne senza un disegno divino”. Acconsentì all’immolazione, immolò il Figlio. Il tema ripreso d Giovanni XXIII da Paolo VI in Marialis cultus che parla di volontà oblativa unica di Maria. Giovanni Paolo II parla di Cristo che compì sulla Croce il sacrificio unico e perfetto del quale ebbe parte attiva Maria. Accanto al crocifisso si associò al suo sacrificio. Si offrì e lo offrì al Padre. Ogni Messai pone in comunione intima con Lei. Massimo valore alla cooperazione al sacrificio. Evangelium vitae riprende questo tema. Socia Christi e accanto a Cristo è la Socia Redemptionis. E’ madre dei presbiteri e dei fedeli. In Cristo quale socia entra nella ministerialità del presbitero, non come ministro, ma socia. Maria unisce quale madre il sacerdote a Cristo Non è una superiorità di grado ma ontologica perché solo lei, immacolata, viene posta in modo più alto del presbitero. L’Immacolata appartiene all’ordine ipostatico che precede quello sacramentale della Chiesa. Maria genera il presbitero lo educa, lo assiste, lo santifica. Il sacerdote non può non essere devoto di Maria, figlio di Maria. Assistito da Lei nella funzione di capo a favore della Chiesa. Maria assiste come socia il sacerdote nella Messa. In essa torna presente il sacrificio della madre nell’unico sacrificio del Figlio. L’amore a Maria santifica il sacerdote. La sua verginità preserva il celibato del sacerdote. L’amore a Maria è santificante per la vita sacerdotale: unisce intimamente il sacerdote a Cristo.

pamab


Il sacerdozio è un focolare dal quale scaturisce una grazia sovrabbondante


Mons. Mauro Parmeggiani introduce i lavori del terzo giorno del convegno sul sacerdozio.

Sintesi: questo convegno è un vero servizio per il popolo di Dio. Anche il presbiterio chiede chiarezza di dottrina per capire meglio la sua identità in un contesto post moderno.

Il sacerdote deve essere gaudium et spes per tutti coloro che incontra. Così fu per il Santo curato d’Ars, così fu per P. Kolbe e P. Pio di cui parlerà il p. Manelli più tardi.

Il popolo di Dio sente oggi una santa nostalgia del sacerdote. La crisi vocazionale, oggi, fa accettare molti compromessi. Meglio la nostalgia che la nausea, ecco perché ci vuole una solida spiritualità. Il sacerdozio non dev’essere interpretato solo come servizio per quanto importante e funzionale. L’amore del Cuore di Cristo chiede al presbitero partecipazione, immedesimazione all’amore di Cristo. Benedetto XVI parla dell’ermeneutica della continuità. Dove c’è stata si è avuta una fioritura. Il Concilio ha voluto parlare de dialogo tra fede e ragione da sviluppare con chiarezza e nel discernimento degli spiriti. Il presbitero che si confronta con la postmodernità deve coltivare l’immagine di Chiesa e di appartenenza alla Chiesa che il papa richiamò ricordando Maria come essenza della Chiesa in mondo non deformato. In questo contesto possiamo dire chi è il sacerdote oggi. Il sacerdote è configurato ontologicamente a Cristo pastore, capo e servo. L’uomo che sacramentalmente è configurato a Cristo sacerdote. L’uomo che ha ricevuto una chiamata divina, una vocazione, un “dono e mistero” che supera infinitamente l’uomo. Nessuno può attribuirsi quest’onore se non chi è chiamato da Dio come Aronne. Il sacerdote sa che va nel mondo ma per fare discepoli di Cristo. Non può andare nel mondo e farsi se stesso mondo e confermarlo nella sua mondanità. Il sacerdote non deve essere timoroso e arrendevole. Per il presbitero oggi è importante ricordare che il sacramento dell’Ordine imprime il carattere sacramentale. Significa essere rivestiti dal suo sacerdozio. In questa epoca post moderna pur non essendo indifferenti alle circostanze nelle quali si vive, i presbiteri devono rinnovare maggiormente la consapevolezza di ciò che si è mettendo in secondo luogo le sole capacità umane. Occorre riaffermarlo anche ai seminaristi. Il potere conferito al sacerdote è di ordine soprannaturale. Il sacerdozio è un focolare dal quale scaturisce una grazia sovrabbondante. Il sacerdote è una cosa sola con Gesù. Alter Christus.

pamab

venerdì 11 dicembre 2009

L’offerta del sacrificio nel sacerdozio cattolico e la concezione rahneriana

P. Giovanni Cavalcoli riafferma la sacralità del sacerdozio. Si rifà alla Lettera agli Ebrei e la confronta con la tesi di Karl Rahner.

Abstract: Le labbra del sacerdote devono custodire la scienza. Il sacro è ciò che si trova nell’orizzonte del divino. Il sacro è funzionale al santo. Il santo attiene intimamente alla vita divina, mentre il sacro è funzionale al divino. Il sacro per la sua somma preziosità non dev’essere contaminato. Ecco la sacra tradizione. Si estende al rispetto della patria, dei defunti, etc. Le civiltà decadono quando il sacro non si rispetta o si sacralizzano realtà che non lo meritano. Rahner ha una visione confusa e contraddittoria del sacerdozio e del sacro, Non vede la specificità del sacerdote al sacro. Confonde il suo ruolo con quello dei laici. Crede che tale funzione ha addirittura una base biblica. Sposa la visione protestante. Funzione di culto senza mediazione. Rahner non considera i poteri della consacrazione e della remissione, ma il mandato della Chiesa come il pastore “scelto” dalla comunità. Il punto di partenza per determinare il sacerdozio non è la chiesa, essendo il sacerdozio che fonda la Chiesa. Per Rahner il sacerdote non è un offerente ma un predicatore. Rahner riconosce lo specifico del sacerdozio, ma dichiara che non è fondamentale. L'errore fondamentale di Rahner è la concezione di Cristo e del suo sacerdozio. I problemi della teologia di oggi provengono in gran parte dalla teologia di Rahner.

pamab

Il sacerdote santo tra le politiche e le sfide della post-modernità


Mons. Luigi Negri, vescovo di S. Marino parte dal filo d’oro sulla realtà del sacerdote. Educato nella Chiesa milanese, quindi tradizione ambrosiana e carolina, dichiara che il sacerdote è generatore e rigeneratore del popolo di Dio. Esso non nasce dalla carne e dal sangue, ma dallo Spirito Santo di Dio. Questo stesso popolo deve essere educato.

Abstract: Non si crea vita nuova senza educarla. Il vertice della paternità e maternità naturale è anche nella capacità educativa. Intuizione della Mater et magistra di Giovanni XXIII. Il prete vive perché si realizzi un popolo cosciente della sua identità. Vivere la vita in funzione di Cristo si chiama missione. Esempio di Giovanni Paolo II che visitando Norcia e rievocando S. Benedetto disse che l’eroico diventasse quotidiano perché il quotidiano diventasse eroico. Il prete vive per questo. La presidenza indica solo una funzione ministeriale del prete, ma il prete ha una funzione ontologica e vive la sua spiritualità come identificazione obiettiva, affettiva, morale e intellettuale a Cristo. Funzione generatrice ed educativa. I padri dell’Oriente cristiano dicevano che il sacerdote porta avanti e realizza la funzione materna della Vergine Maria mentre l’episcopato esercita la funzione paterna. Senza vescovo non c’è il popolo di Dio ma la setta. Nella misura in cui il popolo è in comunione col vescovo i sacerdoti attuano la funzione della Madre di Dio. La logica del suo agire è il rendere presente Cristo come fatto obiettivo. Un’ermeneutica non centrata sulla missione è fallace. La missione è il grande e fondamentale valore non negoziabile. Le Crociate sono state o no un avvenimento missionario? Ci sono realtà esenti dall’annunzio cristiano. La missione è il punto radicale di espressione dell’identità della Chiesa. Il movimento che rende sempre più forte la Chiesa. L’intelligenza che ha guidato il mondo alla modernità è diabolica. L’uomo moderno è colui che ha bisogno di se stesso per esistere. Per sua natura la modernità è anti ecclesiale e anti cristiana. La Chiesa rappresenta quel dato di conservazione di uno status umano e culturale. Il concetto di Ancien Régime formulato dalla mentalità rivoluzionaria non era mai esistito ma fu la molla per il superamento. La Chiesa accetta ad esistere nel momento in cui era parte dello Stato. “Libera Chiesa in ibero Stato” esprime la volontà di immedesimazione della Chiesa nella struttura statale. Dottrina Sociale della Chiesa come momento significativo della vita della Chiesa che da le ragioni della sua vita. Il postmoderno è il fallimento della modernità. Irrealistico era stato il punto di partenza della modernità. Uno dei fattori fondamentali della crisi di oggi è il relativismo teologico che prende distanze dalla verità. La riscoperta della missione cristiana nel mondo postmoderno è un impegno per la verità. I padri conciliari furono posti di fronte a una grande sfida. Capire la natura della Chiesa. La Chiesa non può avere un’altra preoccupazione se non quella di incrementare un’intelligenza coerente della fede. Anche l’uomo contemporaneo ha bisogno di Cristo e della sua Chiesa. Questa è l’ermeneutica della continuità. Non comprensione astratta e oggettiva di Cristo ma comprensione che il mondo deve rifarsi a Gesù Cristo. Al di sotto delle ideologie c’è il cuore dell’uomo che tende al mistero.

Nel cuore di tanti regimi totalitari e società opulenti l’uomo resiste e si nota un risveglio religioso. Riaprire il dialogo tra Cristo e il cuore dell’uomo. Dire la verità significa parlare al cuore del’uomo coinvolgendo l’uomo in un’esperienza di vita nuova che corrisponde alla sua attesa umana, esigenza d’uomo. Allora è necessario capire che la Chiesa deve prendere la sua parte tra cultura della morte e cultura della vita. S. Ambrogio diceva: “Da quando sono cristiano sono più uomo”. C’è un ethos della carità che esprime la fede e che Benedetto XVI ha insegnato nella Caritas in veritate. Diversamente è un emotivismo che non segna la storia.

Parlare ai cristiani si parla anche agli uomini di buona volontà. Più la ragione cerca il mistero, più si prepara al mistero. La Chiesa di oggi offre agli uomini una possibilità i vera umanizzazione. L’amore ama chi dice all’altro “tu puoi non morire” la tua vita è utile perché appartiene al mistero di Dio. Nell’impeto missionario troveremo la letizia che è il segno antropologico più concreto della nostra fede. “Sono lieto perché Cristo vive in me”.

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Il sacerdote è l'uomo che appartiene a Dio


Mons. De Paolis, Presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede apre i lavori del pomeriggio del secondo giorno del Convegno.

Di formazione canonica, ha rilevato una rottura dopo del Concilio. Riforma del codice dalla lunga gestazione dopo quasi 25 anni nel 1983. Grande riflessione sulle realtà spirituali ma meno nella disciplina della Chiesa. Ci si rende conto allora della situazione che si vive nel dopo Concilio.

Periodo con una teologia ricca della vita religiosa. Lumen Gentium, Evangelica Testificatio, Vita Consacrata. Nel suo centro di riflessione c’è Gesù povero, casto e obbediente. La vita religiosa, tuttavia sembra in crisi. Perché questa rottura tra la dimensione teologica e la pratica? La frattura tra ragione e fede è il dramma del mondo di oggi diceva S. Paolo. Il problema è che si è passati all’adattamento della cultura del tempo. Nella vita della Chiesa ci sono riforme che falliscono. Sono quelle che si impongono solo in nome della disciplina. Idem le riforme puramente spirituali.

"Abbiamo smarrito il senso della Parola avendo smarrito il senso della Chiesa". Eucarestia, confessione e predicazione erano un tempo gli elementi portanti del sacerdozio. Il Diritto canonico diventa anche luogo teologico perché la disciplina nasce dalla dottrina. Attraverso i canoni che riguardano i chierici si presuppone un uomo che appartiene a Dio. Il sacerdozio religioso e quello diocesano si armonizzano e completano tanto bene.

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Il sacerdote santo, predicatore e confessore. Gli exempla della Scuola francescana


P. Alessandro Apollonio, Preside dello STIM espone una conferenza sulle figure dei sacerdoti francescani.

Abstract: S. Francesco ispiratore dell’amore a Cristo e a Maria

Duns Scoto sviluppa questo amore al sacerdozio. Cristo è la somma opera di Dio, per questo in vista di lui sono state create e non solo redente tutte le cose.

Solo il cristocentrismo salvaguardia il sacerdozio nella sua identità, nel tempo e nello spazio.

Questa è una tradizione francescana che appartiene alla grande teologia cattolica. Se il mondo avesse davvero un’autonomia completa nei confronti della fede. Senza la fede il mondo perde la bussola. Basta pensare alla ghigliottina di Robespierre, i forni crematori di Hitler o i gulag di Stalin.

I sacerdoti francescani nella storia hanno influito positivamente nel corso degli eventi a difesa della cristianità. S. Francesco era molto devoto verso i sacerdoti, anche quelli criticati per la loro condotta. Pretende dai sacerdoti un grande raccoglimento.

Tra i sacerdoti rappresentativi dell’Ordine possiamo ricordare il B. Marco d’Aviano. Partì a sedici anni per Creta per liberarla dai musulmani. Prima dell’imbarco, ospite a Capodistria dai Cappuccini , sentì nascere la vocazione. Quarantenne si scoprì taumaturgo. Grande predicatore divenne consigliere nella corte degli Asburgi. Famoso il suo intervento all’assedio di Vienna. Coagulò insieme i re cristiani europei per mettere da parte gli interessi particolari e salvare la cristianità europea. Magnanime fu il suo intervento verso i vinti, risparmiando la carneficina degli Ottomani che si rivolsero addirittura a lui.

I Francescani potranno ricostruire questa vitale relazione tra la vita politica e sociale e la Chiesa.

Ricordiamo il dialogo tra S. Francesco e il sultano d’Egitto. Bando ai pacifismi ai quali S. Francesco viene ricondotto, il santo riconosceva il valore della giustizia e della verità condannando le scorribande degli islamici. Dal 1220 in poi i Papi fecero sempre più affidamento sui francescani per promuovere le Crociate. Tra i Terziari vi furono molti combattenti tra cui Luigi IX che vi trovò la morte.

Secondo S. Massimiliano l’Ordine francescano possiede tutte le potenzialità per sollevare il mondo dai problemi ce lo affliggono. Oggi le statistiche della crescita dell’Ordine sono raccapriccianti. Grande responsabilità hanno i sacerdoti francescani che hanno adottato l’ermeneutica della rottura con posizioni eversive che seguono il Sabatier quasi se S. Francesco fosse un precursore di Lutero. Si spera quindi a una rifioritura che si concretizza in un ritorno alle fonti e a un amore all’Immacolata.

pamab

La contestazione del sacerdozio ministeriale nella teologia femminista


Conferenza del Rev. Prof. Manfred Hauke della facoltà Teologica di Lugano.

Abstract: Negli anni ’70 nasce la rivendicazione del sacerdozio alle donne.

Il femminista risale a Fourier all’inizio del XIX secolo. Parlava di eguaglianza assoluta dei sessi.

Togliere differenza dei ruoli sociali.

Nello schema marxista il padre è l’oppressore. Per Marx l’uomo era solo l’insieme delle condizioni sociali.

Il libro di Simone de Beauvoir “Il secondo sesso”, è stato considerata la “bibbia del femminismo”. Secondo Sartre la coppia scelta precede le condizioni naturali. Il femminismo contemporaneo si rifà a questi canoni. Emerge negli USA nel ’68 attraverso il “Women’s Lib”.

Negli ultimi anni si presenta il femminismo del “genere”. Il sesso biologico andrebbe distinto dal genere sociale e culturale che potrebbe essere diverso. Judith Butler mise in discussione la stessa corporeità maschile e femminile come prodotto naturale. E’ il rifiuto della complementarietà dei sessi. Rinnega la diversità nell’ambito sociale. Un esempio estremo di questa corrente è stata Valerie Solanas che incitava all’annientamento dei maschi. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, invece, parla della diversità e complementarietà dei sessi. Collaborazione tra uomo e donna. Dalla “Casti connubi” ala “Pastores dabo vobis” è evidente il rispetto da attribuire al ruolo dell’uomo e della donna nella società, nella Chiesa e in quest’ambito soprattutto in riferimento al sacerdozio.

La teologia femminista degli anni ’70 negli USA nascono dall’ex suora Mary Daly e la sua opera “Beyond God the Father” (1973). Elisabeth Johnson rifiuta un’antropologia dualista o della complementarietà. Incoraggia piuttosto un’antropologia ugualitaria di partecipazione. Dall’83 negli USA si è costituita la “Women Church”. Officia una propria liturgia che esclude gli uomini.

Elisabeth Schussler Fiorenza sostiene che le prime comunità erano strutturate in modo egualitario. Secondo lei l’autorità di “padre” è riservata solo a Dio. Rosemary Radford Ruether si definisce “avvocata” del sacerdozio femminile ed è attivista abortista. Lutero, Kung e Schilebecks.

La valutazione critica racchiude il momento di verità in virtù del Battesimo e della Cresima. Il NT riconosce dei ministri in successione apostolica. Il fondamento storico del ministero è la Prima Lettera di Clemente. Papa Clemente ai Corinti parla del sacerdozio comune, ma riconosce l’esclusività del ruolo dei maschi. Anche le lettere paoline parlano del ruolo ministeriale degli uomini. Non c’era una comunità di base egualitaria nella Chiesa primitiva. Diversamente i Concili non avrebbero avuto senso. La battaglia contro il ministero sacramentale parte da un concetto di democrazia di base, Chiesa dal basso. Agostino dice la frase incisiva: “Per voi sono vescovo, con voi sono cristiano”. Al sacerdozio ministeriale appartengono l’amministrazione dei sacramenti. I più grandi nel Regno di Dio non sono i sacerdoti, ma i santi. Ad ogni membro della Chiesa vengono dati compiti specifici.

Maria è la donna per eccellenza. La contestazione femminista offre più consapevolezza del ruolo del sacerdote. Chiamato a guida e imitatore di Cristo, servitore di tutti. E’ utile ricordare anche come Gesù si comportava con le donne. Quest’atteggiamento costituisce una novità sulla tradizione giudaica dove le donne avevano un ruolo marginale anche in materia religiosa. Nella Chiesa le donne hanno avuto un grande ruolo, specie nella mistica: S. Ildegarda, S. Caterina da Siena, S. Teresa d’Avila. La loro vita potrebbe essere un utile correttivo alle deviazioni del femminismo cattolico. Nella Mulieris Dignitatem Giovanni Paolo II evocò un progresso unilaterale della tecnica che poteva condurre all’insensibilità di ciò che è essenzialmente umano.

pamab


La Formazione seminaristica del sacerdozio santo

Roma 11 dicembre 2009. Conferenza di mons. Paolo Rabitti, arcivescovo di Ferrara – Comacchio rettore per 13 anni al seminario di Bologna apre la seconda giornata del convegno.

Abstract: Identità e missione nella formazione sacerdotale. Il fine di ogni presbitero è cultuale. Ostia viva santa a Dio gradita.

S. Giovanni Crisostomo il sacramento dell’altare e del fratello sono due aspetti dello stesso mistero.

Sia nel seminario religioso che diocesano se la formazione è ben impostata si può avviare alla santità.

Trasmissione al popolo di Dio di quello che il sacerdote riceve.

I discepoli Giovanni e Andrea fissando Gesù lo seguirono.

Il Maestro chiese loro il dono di sé. Rispose loro: “Venite e vedete”.

I discepoli andarono, rimasero e videro.

Le tre dimensioni della vita del presbitero:

Consacrazione, missione,

Ininterrotta chiamata è la vita del presbitero. Il sacerdozio inizia col primo passo quando si varca il seminario e poi la chiamata è perpetua e irrevocabile. Si parta da ricercatore e si diventa ricercato. Il prete non si appartiene più. Materia del Regno di Dio che Dio sbriciola dove vuole.

Il Seminario maggiore è una verifica della vocazione già avvertita. Una prima risposta è nella candidatura. Verifica significa verum facere. Fare vero quello che è ipotesi.

Il seminario è il “catecumenato” all’ordine sacro. E’ il momento della trasformazione della vita.

L’universale vocazione cristiana si specifica alla vocazione al sacerdozio ministeriale.

Completare il Corpo Mistico col sacrificio eucaristico agendo “in persona Christi”.

La sopravvenienza nuova dell’ordine sacro è ciò che comanda e orienta la preparazione del sacerdote.

La vocazione comporta la conversione. Il seminario è tempo supremo di conversione.

Gesù ha detto: “imparate da me”.

Perché obbedire? Gesù ha detto che l’obbedienza è l’espressione di fede. Perché la purezza? Perché Cristo è stato vergine. Perché la povertà? Perché Gesù non aveva dove posare il capo.

Il pastore da’ la vita per il gregge. Non è un impiegato.

Il prete deve “attrezzarsi” a vivere Cristo.

Il seminario è come epifania e tempo di ascolto della Parola di Dio. Contemplata nella Chiesa, non libero esame. La Liturgia è il luogo dove questo ascolto diventa efficace. Il seminario deve dare uno spazio illimitato alla Parola di Dio.

Una causa delle derive del dopo Concilio è stato il compromesso con le cose del mondo.

Non lasciarsi intaccare dai germi mondani.

Come realizzare tutto questo? Consacrare almeno una giornata di ritiro prima delle grandi feste liturgiche. Ricavare dal tempo liturgico le linee ascetiche e morali.

Eucarestia, Liturgia delle ore, grande ascolto dell’omelia. Periodica celebrazione del sacramento della penitenza e vivere molto il Giorno del Signore.

Insistenza in seminario sulla centralità della parola di Dio.

Costante assimilazione della Chiesa come area di lavoro, orbita di vita.

Condividere notizie belle sulla vita della Chiesa.

pamab

giovedì 10 dicembre 2009

Il sacerdozio di Cristo e il sacerdozio ministeriale nel Nuovo Testamento


Conferenza di P. Michelangelo Tabet, decano del dipartimento di Teologia Biblica della Facoltà di Teologia alla Pontificia Università della Santa Croce di Roma. Il riferimento è al sacerdozio in quanto ordinamento salvifico esercitato da Gesù e istituito da Lui per la sua Chiesa. Nel Nuovo Testamento ci sono due serie di testi che prospettano realtà diverse ma relazionate all’Antico Testamento.

Nella Lettera agli Ebrei l’autore mostra come il sacerdote supremo e definitivo tra Dio e gli uomini è Cristo, sublimazione del sacerdozio antico. Nella tradizione narrativa, lettere di paolo e Lettere Cattoliche. Il termine “sacerdozio” si trova soprattutto nella tradizione ebraica. Il sacerdozio levitico non di rado è tratteggiato positivamente nel Nuovo Testamento. Gesù soffrì molto per mano degli anziani e degli Scribi. Gesù presentò i limiti del sacerdozio levitico e lo elevò a una dimensione più alta. Gesù non utilizzò per se stesso il termine sacerdote in una comprensione più profonda della tradizione evangelica. Gesù non era della tribù di Levi, ma di Giuda. La sua figura sembrava più vicina a quella del profeta. Significativa la risposta dei discepoli a Cesarea di Filippo. Cristo manifesta il sacerdozio attraverso episodi in cui svolge funzioni sacerdotali. Evento centrale è l’Ultima Cena. “Questo è il mio sangue..” La tradizione biblica neotestamentaria ritorna spesso sul sacerdozio per stabilire il rapporto di alleanza con Dio; la redenzione in virtù del sangue di Cristo. Con Cristo sorge un sacerdote differente non per legge degli uomini, ma vita indistruttibile. Sacerdozio secondo l’ordine di Melchisedec. Se non è possibile attribuire a Cristo il sacerdozio rituale, levita, bisogna accreditare il sacerdozio di Cristo secondo un ordine nuovo e più perfetto, prefigurazione di Cristo risorto e glorioso. Perché i discepoli di Cristo non ricevono il nome di “sacerdoti” secondo la tradizione giudaica? Al tempo la dottrina sul sacerdote di Cristo non è stata elaborata. La loro funzione era differente rispetto ai leviti. Gesù chiamò i Dodici per affidare loro la responsabilità del governo, l’insegnamento, la remissione dei peccati, il rinnovo del sacrificio eucaristico, compiti specifici del sacerdozio cristiano. Rendevano presente la morte di Cristo per l’Eucarestia. Trasmettevano lo Spirito. Nel N.T. la figura del sacerdozio è presente in funzione a una vocazione divina come dono speciale.

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S. Giovanni Maria Vianney, modello del sacerdote santo


Tratteggiare l’anima sacerdotale di S. Giovanni Maria Vianney è profittevole alla vita spirituale. Il suo stile di vita, il suo zelo apostolico, l’amore alle anime, stimola a una nobile emulazione chiunque abbia la cura delle anima e sia configurato a Cristo sacerdote in virtù del sacramento dell’Ordine.


Attraverso una serie di aneddoti, il p. Zangheratti, parroco di S. Maria di Nazareth in Roma-Casalotti e docente di Teologia Morlae allo STIM, ha fatto emergere il calibro umano e spirituale di un santo sacerdote, patrono dei parroci, sempre attuale perché inserito nell’eternità di Dio.

Umiltà e carità furono gli assi portanti della sua spiritualità. Univa il sacrificio eucaristico a quello del tempo e delle energie nelle ore e ore di confessionale per riconciliare i penitenti con Dio. Pieno di apertura verso gli altri, nutrì spiritualmente anche confratelli nel sacerdozio. Non lesinò la penitenza corporale desiderando sempre di dedicare molte ore all’orazione. Molti notarono in lui doni straordinari come il dono delle lacrime, levitazioni e splendore del volto. Frequentemente aveva visioni intellettuali. Benedetto XVI lo ha voluto presentare ai sacerdoti di oggi perché non dimentichino che sono presenza del Verbo incarnato.


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Il prete, presenza misterica di Cristo


Subito dopo il Vaticano II ci fu un pullulare di interventi sul sacerdozio ministeriale anche all’insegna della contestazione e del riduttivismo. Si parlò di crisi vocazionale e di “solitudine del prete” che rese propizia una psicologia dell’integrazione affettiva come soluzione. Si reagì al clericalismo con dei surrogati di impegno di prima linea nel sociale e nella politica dei preti. Questo provocò una secolarizzazione del clero con conseguenze ancora più devastanti della clericalizzazione.

Mons. Brunero Gherardini spiega che la teologia del sacerdozio ministeriale deve innestarsi in quello di Cristo, unico e sommo sacerdote. Nella sua analisi partendo da Ebrei e Giovanni 17, sottolinea che Cristo è sacerdote in quanto mediatore tra Dio e gli uomini. Come Lui è consacrato dal Padre e mandato nel mondo, così ha consacrato e inviato i dodici apostoli che sono l’origine del sacerdozio ministeriale – sacramentale nella Chiesa.
Il prete, in virtù del sacramento dell’Ordine è Cristo stesso nella Chiesa segnato ontologicamente da questo sacerdote in ogni tempo e luogo. Il prete non è un semplice riflesso di Cristo ma Cristo stesso. “Non un essere cristificato, ma cristico”. Questa teologia è molto illuminante per risolvere la contrapposizione spesso posta tra consacrazione sacerdotale e servizio in quanto funzione ministeriale nella Chiesa. La funzione ministeriale è da intendersi perciò unicamente nella consacrazione sacerdotale che è ripresentazione sacramentale dello stesso Cristo, capo, pastore e servo.

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La sacralità del celibato


S.E. Francesco Moraglia, vescovo della Spezia-Sarzana-Brugnato ha esposto la conferenza, “La sacralità del celibato”.

E’ un tema, quello del celibato sacerdotale, dagli anni successivi al Concilio Vaticano II, attira l’attenzione di quanti vivono nella Chiesa ma, anche, di quanti si collocano al di fuori d’essa.


Abstract: Secondo un’opinione diffusa, il numero insufficiente di candidati al sacerdozio dipenderebbe dalla decisione della Chiesa latina di ammettere al presbiterato solo quanti abbracciano il celibato.

Il celibato, quindi, diventa l’imputato numero uno e la causa scatenante la crisi che, nel post Concilio, ha investito il ministero ordinato.

Le crisi perduranti presentano, in genere, cause molteplici; per il celibato, quindi, non ci si può fermare alle ragioni esistenziali, bisogna interrogarsi anche su quelle teologiche valutando se si siano appannate o se, più semplicemente, noi non siamo stati capaci di rispondere, in modo adeguato, alle critiche provenienti da tale ambito.

Non dimentichiamo, inoltre, come il celibato, osservato in rapporto alla sacralità, rimandi a un perfezionamento dell’uomo e, insieme, lo spinga oltre se stesso, non solo verso il termine della storia - dopo di essa -, ma si ponga, anche, come novità che, fin d’ora, situa l’uomo oltre se stesso.

Le difficoltà, però, si stemperano, fino a sciogliersi, se si evidenzia come fra stato matrimoniale dei ministri ordinati e celibato degli stessi, sussista una realtà mediana: la pratica o esercizio della continenza cui erano tenuti i ministri ordinati.

L’insegnamento del Concilio Vaticano II circa il sacerdozio ordinato - ripreso anche dal magistero successivo -, pone l’accento sul fatto che il presbitero, attraverso il sacramento dell’ordine, tanto nella sua persona quanto nella sua missione, sia vero e reale prolungamento di Cristo.

Stando al decreto conciliare Presbyterorum ordinis, dove il sacerdote è presentato come chi - nel suo essere personale - è reso conforme a Cristo, risultano particolarmente efficaci, proprio in quest’anno sacerdotale, le parole che Giovanni Paolo II ha scritto nel suo libro Dono e mistero.

Solo la fedeltà alla realtà del sacramento libera dal rischio di cadere nel funzionalismo e, conseguentemente, nella pastorale del fare, fine a se stessa. Per non cedere al funzionalismo, il ministro ordinato deve essere capace di donazione personale, in altri termini, alla radice della sua azione deve esservi il dono, l’offerta della sua persona.

Limitarsi a “fare” il prete, ossia, “compiere” determinate prestazioni legate al ministero sacerdotale o “garantire” solamente alcune opere e far coincidere tutto questo con l’esistenza del sacerdote che, invece, nel più intimo della sua persona è conformità ontologica a Cristo, vuol dire non aver inteso il dono del sacramento che rende nuove creature in vista dell’originalità che ontologicamente conforma a Cristo, Capo del Corpo mistico.

E’ chiaro che, all’interno di una visione funzionalista, non più in grado di cogliere il valore del simbolo e che a sua volta è espressione di una precisa mentalità (incapacità), noi non siamo più in grado di percepire il profondo significato e la sacralità del celibato sacerdotale.

Solo al chiarore dell’evento pasquale, è possibile ricavare luce sufficiente per comprendere la sacralità e la sacramentalità del celibato sacerdotale, rifrazione della realtà di Cristo Sposo.

Il punto è proprio questo: il celibato sacerdotale - che è per il culto, il servizio religioso e la pastorale del popolo, si radica, in modo specifico, sulla sponsalità di Cristo che, nel Nuovo Testamento, è costantemente presentato come lo Sposo della Chiesa; insomma, dobbiamo dire che Cristo non si è sposato, perché era già sposato. Nel senso appena detto, il suo, era, quindi, un celibato solo apparente e Cristo non si lega a una sposa umana, perché è lo Sposo dell’intera umanità; infatti, la chiesa, come ricorda Lumen gentium, costituisce l’umanità unita a Dio in Cristo; e, nel Nuovo Testamento, Cristo si presenta come lo Sposo per antonomasia.

Nonostante le apparenze, quindi, non è possibile mettere sullo stesso piano lo sposarsi di chi è già prete e il ricevere il sacramento dell’ordine da parte di chi è già sposato.

Le due situazioni si rapportano in modo diverso; infatti, quando è lo sposato ad accedere al sacerdozio, è, secondo la teologia sacramentaria, la figura (il coniugato) ad andare verso la realtà (la sponsalità di Cristo) mentre, quando fosse il sacerdote ordinato, a desiderare il matrimonio, sarebbe la realtà (la sponsalità di Cristo) che tenderebbe alla figura (matrimonio), ossia la realtà che diventa figura di se stessa.


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La spiritualità sacerdotale


Mons. Mauro Piacenza, segretario della Congregazione per il clero, ha sviluppato la prima conferenza del convegno: “Il sacerdozio ministeriale, l’amore del Cuore di Gesù” iniziato questa mattina presso il Collegio Internazionale di Terra Santa a Roma - Casalotti.

La spiritualità sacerdotale, scelta come tema, è stata considerata a partire dall’identità propria del sacerdote, la cui spiritualità non si può ridurre a quella battesimale per quanto importante e irrinunciabile.
Lungi da una visione clericalista, il prelato partendo dai sacramenti dell’Eucarestia e della Riconciliazione ha voluto sottolineare l’esclusività e la specificità del sacerdote nel suo ministero a favore del popolo di Dio.
Il percorso di riflessione seguito si è concentrato sul profondo significato della S. Messa, nei suo momenti liturgici espressi in parole, formule e gesti.
Questo perché “la S. Messa è l’origine, lo sviluppo e il fine della stessa esistenza sacerdotale”, ha affermato mons. Piacenza.
E’ importante quindi una corretta celebrazione del rito, senza quelle alterazioni creative che hanno comportato gravi conseguenze pastorali, spirituali e teologiche.
L’intera giornata sacerdotale, ha continuato mons. Piacenza, deve essere bipartita tra la “preparazione alla Messa e il rendimento di grazia del dopo Messa”.
Ogni atteggiamento efficientista e presenzialista del sacerdote, anche nell’azione liturgica, potrebbe rivelare un deficit di fede nella Divina Provvidenza.
Dalla vestizione dei sacri paramenti che gli ricordano come “un Altro lo ha rivestito con la Sua Grazia”, alla “salita” sull’altare, il presbitero che proclama la Parola di Dio non può fare a meno della preparazione, frutto di meditazione costante.
Il sacerdote, che “per sua natura” è un predicatore che annuncia ciò che ha incontrato con tutta la propria esistenza, deve testimoniare la verità senza soste e senza timori, come direbbe S. Paolo. Il coinvolgimento della persona e personalità sacerdotale nella celebrazione eucaristica è poi totale nella preghiera consacratoria, l’epiclesi dove la dimensione sacrificale precede, teologicamente e spiritualmente, quella del banchetto e della cena.
In persona Christi il sacerdote non offre “altro da se stesso” ma offre tutto di sé come “sacrificio vivente gradito a Dio” in obbedienza al dettame di Romani 12.
Il sacerdote che invoca lo Spirito non può, nella sua spiritualità, non essere “l’uomo dello Spirito” lasciandosi inabitare da questa divina presenza.
Anche il prete, come Cristo, deve offrire realmente il proprio corpo e il proprio sangue per il bene dei fratelli, della Chiesa e del mondo intero.
Dalla S. Messa con l’Ite Missa est il sacerdote esce rinnovato, rafforzato e confermato nel suo spirito di orazione, adorazione e sollecitudine per i fratelli, per la Chiesa e per il mondo.

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Questioni interessanti:

Nell’ermeneutica della continuità, mons. Piacenza riafferma la peculiarità del sacerdozio ministeriale in questi ultimi anni confuso con quello comune dei fedeli.
Ribadisce l’unicità del Rito latino nella forma del “Novo e Vetus Ordo”
Denuncia l’attivismo dei sacerdoti come deficit di fede nella Divina Provvidenza.
Richiama contro le improvvisazioni creazioniste di gesti e formule liturgiche.
Sottolinea la coerenza tra il predicato e il vissuto.
Spiega l’aspetto sacrificale della S. Messa che precede quello conviviale.
Ricorda la comunione e il suffragio per la Chiesa Purgante.
Nella distribuzione della comunione invita a non affidarsi con leggerezza ai ministri straordinari per motivi di tempo o pratici.
Ripropone, infine, l’importanza del ringraziamento dopo la S. Comunione sull’esempio dei santi che assistevano addirittura a una seconda S. Messa.

Inaugurati i lavori del Convegno sul sacerdozio


Mons. Gino Reali, vescovo di Porto S. Rufina ha aperto i lavori del Convegno sul sacerdozio ministeriale che si svolge dal 10 al 12 dicembre 2009 presso il Collegio Internazionale di Terra Santa di Roma-Casalotti.

Grato ai Francescani dell’Immacolata, organizzatori dell’evento, l’ordinario della diocesi portuense ha voluto sottolineare il nesso tra l’Anno Paolino e l’Anno Sacerdotale indetti da Benedetto XVI.
Sia S. Paolo che S. Giovanni Maria Vianney offrono due ammirabili testimonianze sacerdotali.
Comune denominatore fu la fedeltà a Cristo, benché i due vissero situazioni storiche, geografiche e operative differenti.
Anche l’incontro di numerose persone come “gregge di Dio” loro affidato, fu una costante in entrambi, benché il primo fu instancabile missionario e il secondo parroco di Ars per quarant’anni.
L’essere con Cristo fu la dimensione fontale e centrale della loro spiritualità e personalità.
Il santo curato d’Ars affermava che “Il sacerdozio è l’amore del Cuore di Gesù” , un’espressione che esprimeva la consapevolezza del dono ricevuto ma anche l’impegno a corrisponderlo.
Fondamentale è quindi la testimonianza del presbitero nei confronti di u popolo di Dio che gli presta fiducia.
In comunione con il suo vescovo e il resto del presbiterio, il sacerdote è chiamato a una condotta esemplare di vita sostenuto dalla preghiera della Chiesa.

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Monsignor Gino Reali (Monteleone di Spoleto, 28 gennaio 1948) è un vescovo cattolico italiano.
Nasce a Monteleone di Spoleto il 28 gennaio 1948 e riceve l'ordinazione sacerdotale il 31 luglio 1971 dall'arcivescovo Giuliano Agresti.
Nel 1973 si licenzia in teologia dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana e nel 1975 in Diritto Canonico alla Pontificia Università Lateranense.[1] Diventa giudice del Tribunale Ecclesiastico Regionale Umbro nel 1976, e insegna religione nel liceo classico di Norcia per 18 anni, dal 1981 al 1998.
Nel 1985 è nominato Vicario Generale di Norcia e, l'anno successivo, dopo l'unione delle due diocesi di Spoleto e di Norcia, avvenuta il 30 settembre 1986, è nominato Vicario Generale della nuova Arcidiocesi.
Il 23 febbraio 2002 viene nominato da papa Giovanni Paolo II vescovo della Sede suburbicaria di Porto-Santa Rufina. Riceve l'ordinazione episcopale il 7 aprile 2002 dall'arcivescovo di Spoleto-Norcia Riccardo Fontana, con-consacranti gli arcivescovi Ottorino Pietro Alberti (arcivescovo di Cagliari) e Antonio Buoncristiani (arcivescovo di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino).