sabato 12 dicembre 2009

Due santi sacerdoti del nostro tempo: S. Massimiliano M. Kolbe e S. Pio da Pietrelcina


P. Stefano Maria Manelli, fondatore e ministro generale dei Frati Francescani dell’Immacolata, a conclusione del convegno presenta due sacerdoti esemplari e a lui cari.

L’ermeneutica della continuità contro quella della rottura è una problematica di scottante attualità. Dal S. Curato d’Ars a p. Kolbe e P. Pio da Pietrelcina c’è una grandezza sacerdotale che si trova nei due sacerdoti francescani contemporanei.

Dal libro autobiografico di “Dono e Mistero” di Giovanni Paolo II si comprende che il sacerdozio è uno scambio tra Dio e l’uomo. Cristo che si impersona nell’uomo, l’uomo che impersona Cristo. Il sacerdote dev’essere un altro Cristo. Tutta la configurazione precisa e mistica del sacerdote nella S. Messa rinnova lo stesso sacrificio di Cristo sulla Croce. Sacrum Commercium teandrico nella vita del sacerdote santo. “In persona Christi” impegna alla conformità a Cristo. Conformità di vita in pensieri ed opere. “Rivestirsi di Cristo” all’esempio di S. Paolo. Dispensatore della grazia di Cristo. Fedele nel ministero perché non venga vituperato Dio. Conformità di amore a Gesù e Gesù Crocifisso. Non gloriarsi che della croce di Cristo. Ricordarsi della presenza immancabile di Maria al Calvario. Carta d’identità del sacerdote. Benedetto XVI visitando S. Giovanni rotondo nell’estate 2009 affidò l’anno sacerdotale a S. Pio da Pietrelcina. Nel 1971 durante il Sinodo dei vescovi Paolo VI beatificò p. Kolbe per presentare un modello di vita sacerdotale. L’allora card. Wojtyla parlò dell’identità sacerdotale che rifulse nel p. Kolbe . Il sacerdote è tale grazie al sacrificio, come diceva S. Agostino. S. Massimiliano desiderava morire martire e applicava quest’intenzione ad ogni S. Messa. Al termine ultimo di tutto P. Kobe capiva che bisognava collocare la suprema gloria di Dio con la santità personale e la salvezza delle anime. Non si può dare gloria a Dio senza santificarsi e non ci si può santificare senza salvare gli altri. Nell’imitazione di Cristo c’è tutta la santificazione del sacerdote. S. Massimiliano invitava a volgere lo sguardo verso Gesù che si dona all’Immacolata senza alcuna riserva. Diventa suo figlio, vuole da Lei lasciarsi guidare. Ogni giorno si può diventare sempre più proprietà dell’Immacolata. Nel grembo di Maria l’anima deve nascere nella forma di Gesù Cristo. Nel grembo di Maria l’anima sacerdote si cristifica e si lascia rivestire dalla sacerdotalità di Cristo Redentore. Il santuario dell’ordinazione sacerdotale di Cristo è il grembo di Maria. Con la consacrazione all’Immacolata il sacerdote fa sua questa realtà. P. Kolbe voleva celebrare anche quando era ammalato e sveniva sull’altare. Famose anche le frequenti comunioni spirituali quotidiane. Ogni giorno p. Kolbe cercava di praticare l’adorazione eucaristica che stabilì permanente nella sua Niepokalanow. S. Massimiliano si firmava “il folle dell’Immacolata”. Deriva dalla tradizione familiare di grande pietà mariana tipica dei polacchi. Il francescanesimo è segnato dall’origine mariana. Maria per essere madre di Gesù salvatore è Corredentrice; come Sposa dello Spirito Santo distribuisce tutte le grazie. Negli anni 50, poi col card. Mercier si portava avanti il dogma della Mediazione che fu preceduto da quello dell’Assunzione. L’ermeneutica della continuità non fa che arricchire. Il minimismo invece impoverisce. Con la forza della preghiera e della vita mariana, S. Massimiliano si aprì all’universalità della missione. Universalismo sacerdotale missionario audace malgrado la sua non lunga esistenza sacerdotale. Dai suoi scritti e progetti risalta il molteplice universalismo centrato sulla massima gloria di Dio. Universalismo missionario e mediatico. Non escludeva nulla. Era lo stesso universalismo della redenzione di Cristo e della corredenzione mariana. Per i Francescani dell’Immacolata c’è il particolare universalismo legato al voto mariano. Voto essenzialmente missionario. I superiori di S. Massimiliano non lo accettarono pubblicamente ma S. Massimiliano lo profetizzò, Il voto venne approvato e confermato dalla Santa Sede non come quarto voto, ma primo voto per i Francescani dell’Immacolata. E’ un universalismo sia in verticale che in orizzontale. La vetta più alta è la transustanziazione nell’Immacolata. In orizzontale il voto mariano fa unità con la volontà salvifica missionaria dell’immacolata. “Ogni cuore che batte sulla terra deve essere preda dell’Immacolata” diceva S. Massimiliano. L’Immacolata Mediatrice di tutte le grazie le elargisce a chi si avvicina a Lei. La strategia di S. Massimiliano era quella di introdurre l’Immacolata nel cuore dell’uomo. Ad Auschwitz nel momento estremo della sua vita, S. Massimiliano si presentò come “sacerdote cattolico”. Nell’evento della sua morte si vede come dopo aver ricevuto la “corona bianca” della vita religiosa, salita la “scala bianca” della marianizzazione, fu coronato dalla grazia più grande: la “corona rossa” del martirio.

S. Pio da Pietrelcina ricevette una missione particolare da Dio proprio per i sacerdoti. In una discussione sulla missione dei santi, P. Pio stesso rivelò che la sua missione erano i sacerdoti. La centralità della sua vita fu l’offerta sacrificale. La sua santità si basò sull’amore all’Eucarestia, alla Croce, alla Madonna, al Papa, all’Angelo Custode, alle anime. I suoi carismi così vari difficilmente si incontrano nella vita dei santi. P. Pio ci porta sui crinali più alti dell’esperienza mistica. La stigmatizzazione cruenta del 1918 lo rese rappresentante della stimmatizzazione di Cristo. Fece sue le parole di S. Paolo “Per me non c’è altro vanto che Gesù crocifisso”.

E’ impressionante pensare a questa somiglianza impressionante con Cristo: cristiforme e “cruciforme”. Venne battezzato nella Chiesa dedicata allora a S. Maria degli Angeli (oggi chiesa S. Anna). Si rammaricava di essere stato battezzato dopo “dodici ore” dalla nascita e non subito.

La devozione alla Madonna traspare in tutta la sua vita. La figura di P. Pio, certo, data la sua straordinarietà ci potrebbe apparire inimitabile. L’esercizio delle virtù praticate quotidianamente, invece, più che i carismi, fecero la sua santità imitabile da ogni religioso o sacerdote. Celebrava umilmente, confessava instancabilmente, pregava molto.

Come religioso visse fedelmente l’ideale di cappuccino, così come fedelmente visse il sacerdozio. L’altare e il confessionale furono i poli della sua vita. La Messa fu per lui la fonte e il culmine di tutta la sua opera.

Oggi alla scuola del Santo Curato d’Ars, ripresa dai due santi sacerdoti francescani, è necessario per tutti i sacerdoti un rinnovamento interiore che miri a quella santità che scaturisce dall'imitazione di Cristo, sommo sacerdote.

pamab



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